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Le grandi acque selvagge: Iguazù

Erano degli indios guaranì, ora sono dell'Umanità


Vista delle Cascate di Iguazù

  "India, bell'amalgama di dea e di pantera
  madonna senza vesti che abita il Guairà
  selvatica romanza ha curvato i tuoi fianchi
  copiando una svolta del blu Paranà"


  

  

  

Queste sono le parole di una canzone dell'estremo nord-est argentino, e la sua musica, suono incantevole di arpe, imita le onde serene del fiume che scorre.

Cascate di Iguazù

Zona lussureggiante, subtropicale, ma soprattutto regno di una dolce immensa armonia in gran parte selvaggia, è qui che il Parco Nazionale dell'Iguazù, con le sue più che famose cascate, è il sovrano incontrastato.
Unitamente alla riserva naturale il parco occupa circa 67.000 ettari di terra rossa come il sangue dove una vegetazione fitta e svariata è in lotta perenne per raggiungere la luce. L'immensa superficie è madre generosa di più di 200 specie di piante conosciute, di 437 tipi di uccelli e di una quantità innumerevole di insetti.
Questo folto scenario verde cambia la sua vegetazione non solo in superficie ma altresì a seconda dall'altezza dal suolo intrecciandosi con liane e rampicanti: sotto, in mezzo ad una scura penombra, piccoli arbusti, tantissime diversi tipi di piante, ortiche minacciose. Un po' più in su, felci arborescenti tipiche delle regioni tropicali ed alberelli che sembrano voler regalare i loro frutti e, già mischiati con la parte superiore della foresta, il "guatambù bianco", l'alloro nero, il "cancharauà", palme, "pindo" ed altri. Ogni tanto, questo mondo opulento di flora viene interrotto da alberi giganteschi che a volte superano i 30 m. di altezza: sono alcune leguminose come l'incenso, l'"ibirà pità", il robomolle" o il "timbo" o "pacarà", quest'ultimo, spettacolo della natura, che viene chiamato anche "orecchio di nero" per il suo frutto scuro a forma di orecchio.
Canneti stretti nascono ovunque formando mura di 20/30 m. di altezza, ed orchidee, garofani e "garaguataes" si attaccano sui tronchi degli arbusti e sui rami degli alberi. Ed ancora, "lapachos", rododendri che fanno sfoggio di mille sfumature di verde.

La vegetazione di Iguazù

L'umidità fa crescere tutto in fretta ed in gran quantità: è un giardino incredibile, una foresta esuberante, il sogno dell'ecologia.
Ma il parco è anche abitato: tucani, pappagalli di infinità di colori rappresentano la caratteristica decorazione delle corone degli alberi. Fauna molto diversificata, annovera altri animali come il "yacarè" (il coccodrillo americano), il "yaguaretè", il "tapiro" (il più grande mammifero dell'America del Sud) , l'alce, la tigre americana, l'orsetto "lavador", ecc.
Ma soprattutto le farfalle che, spettacolo nello spettacolo, con le loro ali azzurre e argento svolazzano incantando coloro che le osservano.
I suoni del parco, dichiarato nel 1984 "Patrimonio Naturale dell'Umanità", evocano mille concerti diurni e notturni a seconda delle abitudini della fauna che lo abita.

Rio Paranà

Terra incantata, il Parco fa da cornice alle stupende cascate che gli indios "guaranìes", abitanti originari della zona, chiamarono nella loro lingua Iguazù (acque grandi): il luogo dove il fiume Iguazù, che nasce nella Sierra do Mar a circa 400 m. di altezza, in Brasile, dopo un percorso di 600 km s'incontra con il Paranà con una caduta di 80 m. formando 275 salti chiamati nella parte argentina Adàn y Eva, Los tres mosqueteros, Belgrano, Rivadavia, Las dos hermanas, Escondidos, San Martìn, Ramìrez, Salto Chico e tantissimi altri, ed in quella brasiliana, Benjamìn, Costantino e Floriana. Ma il più famoso è la Garganta del Diablo dove la vista della cascata è ineguagliabile e dove il visitatore ha la sensazione di essere un tutt'uno con la natura poiché quanto lo circonda contribuisce a farlo sentire così: il rumore dell'acqua , l'umidità che lo avvolge, la foresta intorno. Per arrivarci bisogna costeggiare uno dei bracci del fiume Iguazù fino a Puerto Canoas dove inizia la passerella che conduce al salto.

Sorvolo delle cascate

Altri circuiti consentono al visitatore di vivere in consonanza con questa natura opulenta in ogni suo aspetto: quello inferiore da dove, tra giochi di luce inimmaginabili, si può osservare in panoramica il salto Garganta del Diablo e gli altri, San Martìn, Las Dos Hermanas, ecc. passando per passerelle con un percorso di 1 km per circa 90 minuti di cammino. E' possibile altresì arrivare all'imbarcadero da dove si raggiunge in lancia l'isola San Martìn. Chi decide di scendere 160 scalini giunge poi a tre punti panoramici da dove godere la vista che offrono i salti San Martìn, La Ventana e l'indescrivibile Garganta del Diablo.
Un altro circuito, costruito sopra le acque che scorrono veloci, con un percorso di circa 700 m. ed un lasso di tempo di mezz'ora, ci porta alla veduta di un panorama a semicerchio allargato in cui, narcisismo della natura, appaiono i salti Las Dos Hermanas, Bossetti, Chico, Ramirez, San Martìn ed il lato brasiliano delle cascate.

Percorso guidato sulle acque

Altri sentieri, altri percorsi: sempre una natura splendida, una visione incantevole, sensazioni che da quel momento faranno parte di noi stessi.
I circuiti, nonostante vengano reiterati i nomi dei salti, non sono ripetitivi, poiché i punti da dove si guarda non sono gli stessi ed i colori, le atmosfere, pefino i rumori e la spuma dell'acqua, cambiano.
Perciò la maggior parte dei visitatori li percorrono quasi tutti. Per non dire il giro in elicottero per coloro che, volando per circa dieci minuti sopra le cascate circondate dalla foresta vergine, vivono un'esperienza impareggiabile.


  

Ubicazione geografica

Era questo l'habitat dei guaranì, i meno guerrieri degli indios d'America, anche se lottarono per le loro terre, ma di cui i gesuiti scoprirono la loro docilità, il loro carattere mite, la grande predisposizione per la musica, come musicale era la loro lingua, e che furono capaci di diventare al tempo delle missioni la popolazione più alfabetizzata dell'America del Sud.
La storia inizia nel 1537 quando per la prima volta gli spagnoli risalgono il Paranà ed il fiume Paraguay, fondano la città di Asunciòn, attuale capitale della Repubblica del Paraguay, ed incontrano gli indios guaranì, ospitali e amichevoli, che sperano di trovare negli spagnoli degli alleati per combattere gli Incas da cui erano attaccati.
Quasi cinquant'anni dopo, nel 1586, la Spagna affida ai missionari il "confine con la foresta vergine lungo i fiumi Paranà, Maranon, e l'alto Orinoco" con potere politico proveniente direttamente dalla Spagna e religioso affidato ai padri gesuiti.
Da questo momento in poi fioriscono più di 260 missioni, che si stabiliscono in un territorio di circa 300.000 km2, divise in 30 paesini abitati da 5000 indios, siti in una zona che attualmente forma parte dell'Argentina, dal Brasile e del Paraguay e che alcuni denominarono "Repùblica de Guaranì", in cui gli indios rinunciarono alla vita nomade.


L'evangelizzazione, ma non solo, fu lo scopo principale della creazione di questi centri, chiamati dai missionari spagnoli "reducciones".
Nelle missioni la vita era organizzata con regole stabilite dalla corona spagnola adattate alle abitudini degli indios e variavano a seconda delle missioni, sempre sotto il governo insindacabile dei gesuiti.
La struttura architettonica era copia fedele di quella spagnola: una piazza centrale, in genere quadrata, in cui ai lati c'erano la chiesa con il claustro, le aule, la sala da pranzo, la cucina, i laboratori artigianali ed i depositi. Negli altri, il cimitero, la residenza dei missionari, il "cabildo"(edificio pubblico che faceva le veci di municipio) e le case degli indios.
L'architettura aveva chiari riferimenti barocchi così come la pittura. Sculture di legno policrome e tele dipinte ad olio decoravano le chiese all'interno, mentre all'esterno rilievi intagliati in pietra, alcuni magnificamente eseguiti da artigiani guaranì, rappresentavano temi religiosi o la flora e/o la fauna della regione.
Gli indios furono evangelizzati, civilizzati nelle loro abitudini. Diventarono contadini, operai, artigiani.
Dovettero combattere gli attacchi alle missioni da parte dei cacciatori di schiavi, ragione per cui nel 1643 la corona spagnola autorizzò a formare piccoli eserciti per difendersi.
Ma il potere dei gesuiti cominciò a creare invidie e diffidenze, e nel 1730 iniziò il declino delle missioni.
Le sue cause: epidemie, assalti dei nemici ("comuneros") sfiducia della corona.
Nel 1767 Carlo III dichiara l'abolizione delle missioni e gli indios vengono schiavizzati.
Nei giorni nostri, il percorso delle "Misiones" è considerato il primo prodotto turistico del MERCOSUR e dall'UNESCO "Patrimonio Culturale dell'Umanità".
Fatte queste premesse, el rovine gesuitiche sono una grande attrazione.
San Ignacio Minì, la più importante "reducciòn" sita in Argentina, La Candelaria, Santa Ana, Loreto, Santa Marìa sono importanti testimonianze storiche.

Particolare delle rovine di San Ignacio

Le rovine di San Ignacio Minì consentono di apprezzare quasi esattamente il tracciato urbano. Fondata nel 1610, vent'anni dopo dovette spostarsi nel luogo dove oggi si trova a causa delle scorribande dei "bandeirantes" (schiavisti portoghesi) in un esodo di 1.200 km. attraverso la foresta vergine. La sua popolazione raggiunse il numero di 120.000 indios e di 100 religiosi. Ancor oggi i visitatori possono osservare le sue mura, alcune di 10 m. d'altezza, le scalinate, le gallerie e partecipare così allo spirito di quella civiltà vissuta in mezzo alla foresta.

Le rovine di San Ignacio

A Santa Ana, una delle missioni più belle, ha lavorato l'Alrchitetto Brasanelli.
A Loreto, a 10 km. da Santa Ana ed a 12 da San Ignacio, distrutta nel 1870 durante la guerra fra paesi confinanti, funzionò la prima tipografia dell'America del Sud dove furono stampati i migliori libri dell'epoca e ci fu un'importante biblioteca.
La missione di Santa Maria è rinomata per la sua splendida chiesa ed il suo carcere con sette celle separate da pareti di 60 cm. di spessore.
Tra il 1722 ed il 1724 in questa missione furono stampati i libri "L'Arte della lingua guaranì" e le "Spiegazioni del Catechismo" dell'indio Nicolàs Yapuguay. Queste opere, con quelle stampate a Loreto, sono state i primi libri editi nell'attuale territorio argentino.

Questo è un aspetto storico della provincia argentina di Misiones, ma ci sarebbe tanto da vedere, da vivere, da raccontare……
Mentre quel che è rimasto delle missioni narra al visitatore un po' del suo vissuto, chissà quanto nasconde di storie di lotte, di esperienze, di abitutidini, di amori, di quel che fu.
Ai giorni nostri, quando arriva la notte, con un moderno e suggestivo gioco di luci e suoni le missioni sembrano mostrare sulle loro pareti com'è decaduta questa cultura.

Egoismo e stupidità dell'essere umano?



                                         Mirta Panfido


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